CENNI STORICI SULLA CHIESA DI SAN ROCCO IN MOZZAGROGNA
Nella domenica del 15 agosto 1505, in Villa Pietra Costantina
si tenne un pubblico Parlamento in cui si elessero, i deputati destinati a
raccogliere fondi per edificare una piccola chiesa dedicata a San Rocco. In
quell'anno infieriva in modo terribile la peste che faceva strage, in Lanciano
e nelle Ville vicine. Nel 1619 la chiesa fu ampliata e dietro vi si costruм una
piccola abitazione per comoditа del suo curato e in quello stesso tempo vi era
giа stato eretto il fonte Battesimale. Nel Bocache si legge che nel 1671 la
chiesa di San Rocco aveva un bell'altare ornato con un tabernacolo di legno a
fregi dorati, con, capo altare di gesso in parte dorato anch'esso; ai lati
dell'altare ve erano i Santi Antonio e Rocco. L'altare di San Rocco ai trovava
alla destra dell'altar maggiore con immagine dipinta in tela. Poco dopo fu
costruito anche un pulpito per le predicazioni pasquali. Nel 1771 fu
ricostruita sulla sede originaria a tre navate con cupola ed abbellita con
affreschi. La volto centrale era ornata di tre pitture ad olio del pittore
Salvini, la cupola di quattro pitture rappresentanti i quattro evangelisti.
Sulle due pareti laterali dell'altare maggiore esistevano due pitture ad
affresco dello stesso Salvini raffiguranti l'Annunciazione e il battesimo di
Gesu'. Rifatta ancora e riammodernata nel 1820, strutturalmente si presentava
come ancor oggi la ricordano i nostri anziani; aveva tre altari costruiti a
mattoni, tutti con il proprio tabernacolo di legno, la balaustra era in pietra
levigata, a trafiletto, con un bellissimo cancello in ferro. Successivamente la
chiesa fu arricchita del suono armonioso di un organo funzionante a mano, a
otto registri, ancora, oggi ricordato. Dopo i bombardamenti alleati del
novembre 1943, del magnifico tempio non rimanevano che parte della facciata
centrale e i pilastri. Tra le altre cose andт dispersa l'antica e preziosa
statua di San Clemente papa, artisticamente lavorata in cartapesta. Sotto le
cannonate cadde e rovino' completamente il suo campanile che dall'alto dei suoi
venticinque metri dominava la vita del paese. Nell' immediato dopoguerra fino
alla ricostruzione della nuova chiesa, le funzioni religiose venivano celebrate
in una ex cantina con la campana superstite soppesa a due travi come in terra
di missione.
A cura di don Nicolas
La Vita di San Rocco da Montpellier
Comitato Internazionale Storico-Scientifico per gli Studi su
San Rocco e la Storia Medievale
Rocco di Montpellier, secondo le ricostruzioni
storiche più attendibili (ma da prendere comunque con la massima cautela),
sarebbe appunto nato a Montpellier fra il 1345 ed il 1350, in una famiglia di
rango nobiliare o quantomeno molto benestante, legata al mondo del commercio e
della politica locale. Il padre si chiamava Jean, la madre Libère, e secondo
alcune fonti sarebbe nata in Lombardia, per poi trasferirsi a Montpellier
proprio in occasione del matrimonio; si tratta, in ogni caso, di congetture non
meglio precisabili, e sono da ritenere tali anche i tentativi di individuare il
nome della famiglia. Alcuni propongono il casato dei Delacroix, altri
propendono per i Rog, Roq o simili, avallando dunque la tesi che Roch non sia
un nome ma un cognome; ma dopo secoli di ricerche storiche, le varie ipotesi
sono state scartate una dopo l'altra, senza approdare a nulla di veramente
concreto.
Il fatto è che in realtà per molti secoli è
stata data per certa la cronologia indicata da Francesco Diedo (uno dei primi agiografi
del santo), che fissava l'arco della sua vita tra il 1295 ed il 1327; ancora
oggi vari testi ed alcuni studiosi propendono per questa tesi, e peraltro gli
anniversari vengono spesso calcolati, nell'ambito delle celebrazioni liturgiche
o folcloristiche, facendo riferimento proprio alle date di Diedo. A partire
soprattutto dalla seconda metà del Novecento, si è invece affermata una nuova
cronologia, che di fatto è stata ricostruita facendo perno sul celebre episodio
dell'udienza papale; infatti, nel periodo 1309-1377, i pontefici si trovavano
ad Avignone, ed il primo (temporaneo) ritorno a Roma di un papa, per la
precisione Urbano V, si verificò nell'ottobre del 1367, per concludersi nel
mese di settembre del 1370. Ovviamente siamo sempre nel campo minato delle
ipotesi, ma oggi, come detto, gli studiosi convinti della storicità della
figura di san Rocco propendono quasi unanimemente per la cronologia 1345/50 -
1376/79; per comodità espositiva, in queste brevi note faremo riferimento a
tale datazione, non senza ricordare - per una questione di correttezza e di
onestà intellettuale - che sono molti gli storici che ormai ritengono san Rocco
poco o nulla più di un personaggio leggendario.
Le più importanti fra le antiche agiografie
dedicate alla vita ed alla leggenda di san Rocco sono essenzialmente due. La
Vita Sancti Rochi fu scritta dal già citato Francesco Diedo, un giurista
veneziano che fu governatore di Brescia; la prima pubblicazione risale all'anno
1479, sia in lingua latina che in versione italiana. I cosiddetti Acta Breviora
(ricordati anche come Anonimo latino) furono invece dati alle stampe, per la
prima volta, in una raccolta di biografie di santi edita a Colonia nel 1483.
Esiste poi una Historica ex-italica lingua reddita teutonice ad memorandum S.
Rochi, cioè un'opera tradotta dall'italiano in tedesco, reperibile in due
versioni, la viennese del 1482 e quella di Norimberga del 1484;
convenzionalmente questo testo, per certi aspetti assai importante, viene
indicato come l'Anonimo tedesco. Infine, di minore rilevanza, in quanto
derivati direttamente o indirettamente dai primi due testi, sono le agiografie
del domenicano francese Jehan Phelipot (1494), dello scrittore italiano Ercole
Albiflorio (1494) e del vescovo francese Jean de Pins (1516), ambasciatore del
re Francesco I a Venezia.
Recentemente è stata ritrovata una Istoria di
San Rocco di una tal Domenico da Vicenza, un breve poema scritto in italiano
fra il 1478 ed il 1480; si tratta di una scoperta veramente eccezionale, in
quanto non è da escludere che questa Istoria possa rappresentare la prima opera
in assoluto dedicata al nostro Santo. Al momento, tuttavia, non possiamo
sbilianciarci più di tanto; i necessari studi e verifiche sono ancora in corso,
in particolare da parte del prof. Pierre Bolle, il più grande esperto rocchiano
oggi in attività, peraltro prestigioso collaboratore del nostro Comitato
Internazionale. Altre agiografie di recente acquisizione sono un manoscritto
del 1487, del veronese Bartolomeo dal Bovo, ed un breve testo a firma di un tal
Paolo Fiorentino (1481/82), forse un predicatore domenicano.
In ogni caso è bene ricordare che gli antichi
agiografi non erano motivati da intenti precipuamente storico-scientifici e
biografici in senso stretto, ma dal pio desiderio di presentare al pubblico
esempi di virtù e di santità cristiana; in tal senso, lo scopo edificante e
morale delle vicende descritte nei loro testi tendeva a prevalere sulla
puntuale ricostruzione dei fatti. Scorrendo quelle pagine, emergono tuttavia
alcuni elementi di una certa consistenza, specie quelli supportati da
testimonianze liturgiche, archeologiche e documentarie, che dal punto di vista
dello storico di professione assumono un valore ed una attendibilità ben più
rilevanti rispetto alle antiche Vitae dei santi.
Secondo la tradizione, Rocco cresce in un
ambiente profondamente cristiano, studia forse alla scuola dei Padri Domenicani
e già nella sua adolescenza conosce il terribile flagello della peste (in
particolare l’epidemia del 1361). Verso i vent’anni di età perde entrambi i
genitori e decide di vivere fino in fondo l’esempio di Cristo; vende tutti i
suoi beni, si affilia forse al Terz’Ordine francescano ed indossa l’abito del
pellegrino, facendo voto di recarsi a Roma a pregare sulla tomba degli apostoli
Pietro e Paolo. Ma il suo lungo viaggio in Italia subisce continue deviazioni e
ripensamenti, per seguire la diffusione della peste; Rocco, infatti, invece di
sfuggire il contagio si mette coraggiosamente al servizio dei malati, li aiuta
e li conforta, e riceve da Dio la capacità di guarirli miracolosamente.
Verso il 1367 arriva comunque nelle vicinanze di
Roma, ad Acquapendente (provincia di Viterbo), e vi entra tra la fine dell’anno
e l’inizio del 1368, quando papa Urbano V è tornato da poco da Avignone, la
località francese in cui i pontefici erano in esilio da quasi sessant’anni.
Rocco si reca, come di consueto, in un ospedale, e qui guarisce un misterioso
cardinale, o comunque un alto prelato, che per riconoscenza lo presenta al papa
nel corso di una emozionante udienza privata; soggiorna poi in città per alcuni
anni, e parte fra il 1370 ed il 1371. Giunto a Piacenza, si ammala di peste e
quindi deve allontanarsi dal centro abitato; rifugiatosi, secondo la
tradizione, in un boschetto vicino a Sarmato, si salva dalla morte per fame
grazie all’aiuto di un cane, che affezionatogli, tutti i giorni gli porta un
tozzo di pane. Il suo ricco padrone, il nobile Gottardo (generalmente ritenuto
della famiglia Pallastrelli), incuriosito dall’andirivieni del cane, lo segue e
scopre il rifugio di Rocco; da allora comincia a frequentarlo, diventa suo
discepolo e decide anche lui di consacrarsi a Cristo, rinunciando ad ogni bene
materiale. Dopo la guarigione, Rocco riprende il cammino per tornare in patria
e si separa dal suo grande amico, quel Gottardo che da alcuni è ritenuto
l’autore della prima biografia (perduta) del santo.
Rocco lascia Piacenza nel 1371, ma altri
studiosi fissano la data del 1374. Le antiche attestazioni riguardanti gli
ultimi anni della sua vita risultano ormai insostenibili. Egli non è morto né a
Montpellier (come sembrerebbe indicare il Diedo) né ad Angera (come affermano
gli Acta Breviora); secondo alcuni storici, quest'ultima ipotesi sarebbe nata,
probabilmente, da una clamorosa confusione fra Angleria-Agera-Ugera-Ughera e
Viqueria-Vughera-Voghera. Si ritiene invece che Rocco si sia trovato implicato
nella guerra, durata dal 1371 al 1375, tra il Ducato di Milano e l’alleanza
ispirata dallo Stato della Chiesa e capitanata da Amedeo VI di Savoia; la zona
di Piacenza era infatti tra i punti nevralgici del conflitto, e Rocco potrebbe
essere stato arrestato all’altezza di Broni, per essere condotto a Voghera al
cospetto di Castellino Beccaria, il sovrintendente militare di Bernabò Visconti
e di suo fratello Galeazzo II. Imprigionato per quasi cinque anni, Rocco vive
tale dura prova come una sorta di purgatorio di espiazione dei peccati e muore il 16 di agosto, in un
anno compreso fra il 1376 ed il
1379. Il suo culto si espande in tutta Europa, e poi nel mondo, con straordinaria rapidità, fino a
diventare il più diffuso di tutta la storia della Chiesa.
Questa ricostruzione, lo ripetiamo, è
accettabile nella misura in cui si ritenga effettivamente storica la figura di
san Rocco, e di conseguenza si avalli l'unica cronologia compatibile con i
pochi elementi a nostra disposizione (1345/50 - 1376/79). In ogni caso, la
città lombarda di Voghera ha ormai assunto un valore di primissimo piano
all'interno della vicenda rocchiana; essa è ritenuta con la massima probabilità
il luogo della morte del Santo, da parte di chi crede nella storicità di Rocco,
ed il luogo della prima e più antica espansione del culto, anche da parte di
chi opta per l'ipotesi della leggenda - tutto ciò sulla base di vari reperti documentari
conservati in città ma anche a partire da atti stilati a Venezia.
Il più importante è rappresentato
dall’attestazione, in Voghera, della più antica festa di san Rocco in assoluto,
in anticipo secolare rispetto a qualsiasi altra località al mondo - come si può
rilevare da un documento tuttora conservato nell’Archivio Storico, approvato
ufficialmente da Gian Galeazzo Visconti nel 1391; le sue reliquie, conservate
in città per oltre un secolo, furono trafugate nel 1485 – secondo la versione
“ufficiale” –da emissari veneziani, ad eccezione, a quanto pare, dei due
frammenti del braccio conservati nella chiesa parrocchiale di san Rocco. In
tutta Italia esistono circa sessanta paesi o frazioni che recano il suo nome,
mentre le chiese, le cappelle e gli oratori a lui dedicati sono quasi tremila;
nella diffusione del culto il ruolo di Voghera è stato molto importante, e ha
preparato il terreno per l’esplosione veneziana verso tutta Europa.
Anche la sua canonizzazione è avvolta nel
mistero. Sicuramente da scartare è la versione del Diedo, che parla del
concilio di Costanza del 1414; le verifiche documentarie, infatti, non dicono
nulla in proposito. Altrettanto inconsistenti sono le ipotesi relative a
presunte iniziative di diversi papi ed antipapi del Trecento e dell'inizio del
Quattrocento, per cui restano ferme le uniche date a tutt'oggi confermate da
testi o deliberazioni ufficiali – per quanto indirette - della Santa Sede, vale
a dire il 1499 (Alessandro VI), 1547 (Paolo III), 1590 (Sisto V), 1591 (Gregorio
XIV), 1629 (Urbano VIII). In definitiva, San Rocco è un tipico esempio della
nascita di un culto a furor di popolo; ed infatti la proclamazione ufficiale
della sua santità da parte della Chiesa è stata una sorta di ratifica, una
presa d'atto successiva di alcuni secoli, rispetto alla spontanea decisione del
popolo cristiano di tributargli la propria devozione.
Ma ancor più intricata è la vicenda delle
reliquie, attualmente conservate a Venezia. La cosiddetta versione di Arles è
sicuramente da scartare, innanzitutto perché il Santo non è morto a
Montpellier, in secondo luogo perché i supporti documentari sono basati su atti
inattendibili ed addirittura falsificati, come ha brillantemente dimostrato
Pierre Bolle. Rimane dunque assodata l'unica tesi sostenibile, quella
veneziana, a partire dalla ben nota vicenda del "trafugamento" da
Voghera. Del resto, all'esistenza – in questo caso - di documenti ben
verificati e tuttora reperibili, si aggiunge la notevole coincidenza di tre
elementi fra di loro strettamente connessi: la morte a Voghera, la presenza
certa delle reliquie in città e la presenza (e diffusione) del culto già a far
tempo dal 1391. Bisogna peraltro sottolineare che i resoconti del furto del
corpo di San Rocco in Voghera ed il suo trasferimento a Venezia (dov'è tuttora
conservato), presentano molti elementi poco chiari; è proprio a partire da
questi dubbi che il prof. Bolle, ancora una volta, ha scoperto la verità dopo
anni e anni di minuziose ricerche, ritrovando alcuni documenti a dir poco
clamorosi. In realtà il cosiddetto "trafugamento" del 1485 è stata la
versione ufficiale, falsificata ad arte, di una compravendita sottobanco del
1483, un affare che sicuramente ebbe come protagonisti il guardian grando della
confraternita veneziana di San Rocco, Tommaso Alberti, ed uno dei frati che a
Voghera avevano in custodia il corpo; probabilmente furono coinvolti, chi più
chi meno, anche le massime autorità pubbliche delle due città, forse lo stesso
conte di Voghera, Pietro Dal Verme, il doge di Venezia, Giovanni Mocenigo, ed
il patriarca Maffeo Girardi.
Ma al di là di questi aspetti e della difficoltà
di reperire elementi certi per una "biografia" almeno parzialmente
attendibile, resta il fatto che la figura di San Rocco rimane ancor oggi
vivissima nel cuore del fedeli, attraverso una miriade di tradizioni
devozionali, feste patronali, edifici sacri, testimonianze documentarie,
oggetti d’arte e soprattutto opere sociali, assistenziali e caritative, che
continuano a fare del nostro Santo non solo un vero ed intramontabile campione
della solidarietà e dell’amore cristiano, ma anche un fulgido esempio per tutti
gli uomini di buona volontà.
a cura di PAOLO ASCAGNI